Sabato pomeriggio nel pet shop del paese.

“Buongiorno signora, posso aiutarla o sa già cosa le serve?”
“Una lettiera che costa poco perché il gatto non è mio. Comunque il gatto è morto.” (mio sguardo confuso.)
“Il gatto che stava male, sono venuta tre settimane fa a prendere il cibo e tu mi hai detto che i gatti con insufficienza renale possono anche sopravvivere.”
“Oh, ricordo, mi dispiace moltissimo.”
“Ma TU mi avevi detto che il gatto aveva una speranza.”

(E che c***o dovevo dire, scusi!? La mia sta benone, salta e corre, ma il suo morirà di sicuro, faccia a meno di curarlo!?)

“Ecco le lettiere! Modello X, Y e Z.”
“Non vanno bene.”
“Purtroppo non ne ho altre. Mi spieghi meglio cosa cercava.”
“Una lettiera.”

In quel momento Gesù è sceso, mi ha messo le mani sulle spalle e mi ha detto “domani è domenica, se la aggredisci sarai in carcere e non potrai portare i nipotini in piscina. Non ne vale la pena.”

“Provi a dare un’occhiata a questa.”
Le mostro le caratteristiche della plastica molto elastica che non si rompe al primo urto, le “paratie” per evitare l’effetto spiaggia sul pavimento del bagno ecc…

“Questa va bene.”
Grazie Gesù.
“Comunque non è per i miei gatti, è per i gatti che mi ha portato l’altro ieri la mia figlioccia. Uno è uscito e non lo vedo da ieri, dici che torna? Dici che è morto?”
“Quanti anni ha? La conosceva già? Era abituato a stare da lei? A casa sua stava dentro o fuori?”
“Ha circa due mesi, è nato il 3 aprile. È sempre andato fuori in campagna con la mamma a casa sua ma non era mai venuto da me e non mi conosceva.”

(No, non è stato così semplice. Le ho ripetuto sei volte le domande e subìto un trattato di “io ho sempre avuto gatti” per arrivare a questa sintesi.)

“Se è nato il 3 aprile ha tre mesi e mezzo, quindi è come un’adolescente che ha voglia di esplorare il mondo…”
“Ieri l’ho visto sotto la siepe, l’ho inseguito per venti minuti, ero riuscita a chiuderlo in un angolo ma poi è scappato.”

E allora stic***i che torna, signora.

“Probabilmente è nei paraggi, lasci fuori del cibo molto profumato stasera e vedrà che domani mattina non ci sarà più.”
“Ma io non voglio che mangi, voglio catturarlo. Mi stai dando proprio delle brutte notizie. A quest’età è come un bambino di due/tre anni.”
“Capisco, comunque a tre mesi e mezzo un micio abituato in campagna non è uno sprovveduto, è molto autonomo, se gli mette il cibo vicino casa è probabile che non si allontani e che quindi riuscirete a riprenderlo.”

(segue spiegone su come si catturano i gatti: spoiler non vanno ricorsi.)

” Quindi mi dici che non torna. Non mi piace quello che mi dici.”
” Non ho detto che non torna ma da quello che mi ha raccontato finora mi pare di capire che non gli piace avvicinarsi alle persone.”
“STAI DICENDO CHE HA PAURA DI ME? CHE È SCAPPATO A CAUSA MIA E CHE NON TORNERÀ PIÙ A CASA? COME GLIELO DICO ALLA MIA FIGLIOCCIA? NON È COLPA MIA, IO NON L’HO LASCIATO USCIRE! È LUI CHE È USCITO DALLA FINESTRA APERTA! MI STAI DICENDO DELLE COSE DAVVERO ORRIBILI!”
” No, signora, non ho detto questo…”
“Guarda, io adesso vado a casa, non gli metto il cibo fuori, gli faccio sentire la registrazione di sua sorella che piange e vediamo se torna perché la mia figlioccia deve venire a prenderseli.”
“Va bene la registrazione signora, ma glielo metta un po’ di cibo, non so se sappia ancora cacciare.”
“MI  HAI DETTO CHE È UN ADULTO QUINDI SI ARRANGIA!”
“Ma no, signora! Io non…”
“Arrivederci. E comunque mi hai detto delle cose davvero terribili.”

Sipario.