LEI che interrompe e incalza ora, con palese nervosismo: “Quello, quello!” e inizia a battere col dito, pigiando sul vetro ripetutamente.
C’era un vassoio con qualche pezzetto di crostata e biscottoni, che seguendo la traiettoria dello sguardo iniettato di sangue, pensavo puntasse lì, e con le pinze inizio a scostarli, per vedere se fosse finito là in mezzo il suo benedetto panino!
Nel mentre, iniziano a partire offese da parte sua, e allora viene in mio soccorso un collega, che aveva sentito l’ultima parte e lei tutta gongolante: “Oh meno male! Lo chiedo a lei, visto che la sua collega dorme o è incapace di suo. Il panino al prosciutto cotto, grazie.”
Rimango lì di fianco a godermi la scena, dando nel frattempo colpettini complici col piede al collega, coperti dal bancone. Si ripete tutto lo stesso identico iter, quando poi sbrocca e inizia ad insultarci pesantemente:
“Ma siete due scemi ritardati? Ma cosa ci fate qui se non sapete neanche servire un panino, vergognatevi!”
Mi si accende la lampadina, vedendo in un angolino di un ripiano alto, una brioche che giaceva lì solitaria, anche se in effetti non sembrava puntasse a quella…
“Mi scusi, ma se intende quella, è una brioche…”.
Al collega, nel mentre iniziano a tremare le labbra per trattenere una risata, sicuramente isterica.